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martedì 10 maggio 2016

Nessun dorma.

La storia che vi voglio raccontare,
é dedicata al saggio e al somarello
solletica l’udito ed il cervello,
e qualcosina pure può insegnare. 
Scorreva la milonga rilassata,
tra birre, tande e chiacchiere fugaci,
quando mi colse, perso tra rapaci,
lo sguardo conturbante d’una fata.
Non ebbi manco il tempo di pensare,
andai verso la meta a capofitto,
col busto trofio e il passo bello dritto,
surfavo come Cristo sopra il mare.
La preda era gradita ad ogni bestia,
non mi curai di loro, la mia strada
la feci camminare a una mirada
...e fu così che ci trovammo in pista.
Tra le mie braccia un corpo eccezionale,
buona una spanna sopra la mia altezza,
il collo ricevette una carezza,
mi sciolsi come neve sotto il sole.
Di proferir parola non m’azzardo,
teso come una corda di violino
avrei la voce soave del caprino,
lascio che il tango funga da mio dardo.
E presto son contento della scelta,
la strada presa é proprio quella giusta,
questa sirena sembra una mangusta,
tutta sinuosa e con la mano svelta.
Mi sento come un toro nell’arena,
ma questa volta vince l’animale,
dopo la tanda va verso le scale,
la seguo come fiamma la falena.
Ci ritrovammo soli tra i cappotti,
le dissi “sono Claudio, tu ti chiami?”
si scatenò inatteso lo tsunami:
mi disse: “Mina”. Era Pavarotti.